IL TRIBUNALE

    Ha emesso la seguente ordinanza.
    Con  ricorso  depositato  in  cancelleria  dell'ex  Pretura della
Spezia e poi depositato, Franca Mergotti ed altri diciotto ricorrenti
adivano l'allora pretore del lavoro della Spezia ed esponevano:
        che  erano  stati  dipendenti  della ditta Soleil S.r.l. come
operai addetti alle pulizie;
        che la suddetta ditta aveva ottenuto l'appalto per la pulizia
dei  locali  della  U.S.L.  XIX,  poi  n. 5 Spezzino,  della  Regione
Liguria,  con  contratto  di appalto di durata annuale (dal 10 aprile
1993 al 30 aprile 1994);
        che,  rimasti  creditori  dal  datore  di lavoro di spettanze
retributive  (tutti, per mensilita' di marzo ed aprile 1994, ratei di
13a  e  14a  mensilita'  dell'anno 1994, riduzione orario di lavoro e
festivita'  soppresse,  T.F.R.),  avevano  chiesto  ed ottenuto dalla
Magistratura  del  Lavoro decreti ingiuntivi, i quali non erano stati
opposti;
        che  in  sede  esecutiva  (azionata,  ai sensi dell'art. 543,
c.p.c.,  presso  terzi,  nella  specie  la U.S.L. 5 Spezzino), questi
decreti    non    avevano   trovato   soddisfacimento,   poiche'   il
rappresentante  dell'Ente  aveva  dichiarato che quest'ultimo non era
piu'  debitore  della Soleil S.r.l. per intervenuta cessione dei suoi
crediti a favore di terzi;
        che, infatti, il datore di lavoro aveva provveduto a cedere i
crediti  vantati  nei confronti della U.S.L., quali corrispettivi del
contratto  di  appalto,  all'Istituto  Bancario  San  Paolo di Torino
S.p.a;
        che  tali  cessioni, tuttavia, avendo ad oggetto debiti degli
Enti  pubblici,  avrebbero  dovuto  essere  assoggettate  a peculiari
modalita'  di  forma,  le  quali, nel caso di specie, non risultavano
minimamente  osservate (tanto che si parlava di mere comunicazioni di
cessione),  con  violazione  delle  norme  di cui agli artt. 9, regio
decreto 20 marzo 1865, n. 2248, all. E) e 339, idem, all. F) e di cui
agli  artt. 69,  terzo  comma e 70,  regio  decreto 18 novembre 1923,
n. 2440.
    Ritenevano,  quindi,  l'inefficacia delle cessioni, nei confronti
del datore di lavoro, per inosservanza della speciale normativa sopra
richiamata  e  l'inopponibilita'  delle  stesse  nei  loro confronti;
pertanto,  ritenevano la committente ancora debitrice del loro datore
di  lavoro e si ritenevano, essi dipendenti, legittimati ad agire, ai
sensi  dell'art. 1676,  c.c.,  per  far valere tale inefficacia e per
ottenere  direttamente  a  loro  favore il pagamento di quanto ancora
dovuto dalla committente fino al soddisfo dei loro crediti.
    Chiamavano   in   giudizio   la   Regione  Liguria,  la  Gestione
liquidatoria  dell'U.S.L,  n. 5 Spezzino (gia' U.S.L. XIX), la A.S.L.
n. 5 Spezzino,  il  datore  di lavoro Soleil S.r.l. ed il cessionario
Istituto  Bancario  San  Paolo  di  Torino  S.p.a.  e chiedevano, nei
confronti  di  tutte  le  parti,  l'accertamento  dell'inefficacia  o
nullita'  delle cessioni (recte, delle comunicazioni di cessione) dei
crediti   vantati   dalla   Soleil S.r.l.   verso   la   committente,
l'inopponibilita' di dette cessioni (o comunicazioni di cessione) nei
loro  confronti  e  anche  la  condanna della parte pubblica (Regione
Liguria,  Gestione  liquidatoria  ovvero  A.S.L., n. 5 Spezzino, come
meglio  ritenuto),  in  solido  col datore di lavoro, al pagamento di
detti  crediti  direttamente  a  loro favore, sulla base dei suddetti
titoli esecutivi giudiziali (i citati decreti ingiuntivi).
    Nelle more del processo, interveniva il fallimento della (rimasta
contumace)  Soleil S.r.l.  (fallimento  pronunziato  dal Tribunale di
Roma), la cui curatela provvedeva invece a costituirsi, aderendo alla
richiesta  di  declaratoria di inefficacia o nullita' delle cessioni;
la difesa dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino S.p.a. eccepiva,
dapprima,   il  verificarsi  dell'evento  interruttivo  e,  poi,  tra
l'altro,  l'incompetenza  dell'adito  giudice  a favore del Tribunale
fallimentare di Roma.
    La   A.S.L.,   n. 5 Spezzino,   invece,   contestava  la  propria
legittimazione  passiva,  in  forza  della  complessiva  normativa di
riforma del Servizio sanitario nazionale, di cui si dira' appresso.
    Eguale  eccezione preliminare svolgeva la Regione Liguria, mentre
la  Gestione  liquidatoria  della U.S.L., n. 5 Spezzino si limitava a
contestare il fondamento della domanda.
    Cosi'  riassunti  i  fatti  salienti  e le posizioni delle parti,
ritenendo  il  giudice  la  causa  matura  per la decisione anche nel
merito,  osservandosi,  ai  fini  della  competenza  del  giudice del
lavoro,  che  questa e' sempre stata riconosciuta dalla suprema Corte
(p. es.,  24 ottobre  1996, n. 9303) ed anche dalla giurisprudenza di
merito  (Pret. Roma  26 febbraio-22 aprile  1999, in causa identica),
quando  gli  ausiliari  dell'appaltatore agiscono ex art. 1676, c.c.,
nei   confronti   del  committente,  pur  in  ipotesi  di  fallimento
dell'appaltatore  medesimo, sorge tuttavia il problema di individuare
quale   sia,   dalla   parte   pubblica,   il  soggetto  passivamente
legittimato.
    A  tal  fine,  va  premessa una ricognizione del complesso quadro
normativo della riforma del Servizio sanitario nazionale.
    Con  il  decreto  legislativo  30 dicembre  1992, n. 502, emanato
sulla   base   della   legge   421   del   1992,  di  delega  per  la
razionalizzazione  e  la  revisione  delle  discipline  in materia di
sanita'  di  pubblico  impiego  e  di  finanza territoriale, e' stato
realizzato  il  riordinamento  della disciplina in materia sanitaria,
con  la  soppressione  delle Unita' sanitarie locali (od UU.SS.LL.) e
l'istituzione  delle  aziende sanitarie locali (od AA.SS.LL.), aventi
natura  di  Enti  strumentali  della  Regione, dotati di personalita'
giuridica   pubblica,  di  autonomia  organizzativa,  amministrativa,
patrimoniale,   contabile,  gestionale  e  tecnica  (art. 3,  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).
    La  legge  23 dicembre  1994, n. 724, ha poi disposto all'art. 6,
comma 1,  che  "...  in nessun caso e' consentito alle regioni di far
gravare sulle aziende di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992,
n. 502,  e  successive modificazioni ed integrazioni ne' direttamente
ne'  indirettamente,  i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni
pregresse  delle  unita'  sanitarie  locali.  A  tal  fine le regioni
dispongono  apposite  gestioni  a  stralcio,  individuando  l'ufficio
responsabile delle medesime.".
    Tale  norma ha resistito al giudizio di costituzionalita', avendo
la  Corte  costituzionale,  con  sentenza  21-28 luglio 1995, n. 416,
dichiarato  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 6,  comma 1,  legge  ult.  cit.,  sollevata  dalla  Regione
Sicilia,  anche sotto il profilo, tra gli altri, che esso impone alle
Regioni di provvedere ai disavanzi di gestione.
    La  legge  28 dicembre  1995,  n. 549,  a  sua volta, ha disposto
all'art. 2,  comma 14, che "... (per) l'accertamento della situazione
debitoria  delle  unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere
al  31 dicembre  1994, le regioni attribuiscono ai direttori generali
delle   istituite  aziende  ospedaliere  le  funzioni  di  commissari
liquidatori   delle  soppresse  unita'  sanitarie  locali  ricomprese
nell'ambito  territoriale  delle  rispettive  aziende.  Le gestioni a
stralcio di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994
n. 724, sono trasformate in gestioni liquidatorie....".
    Tali  norme sono state interpretate dalla Corte di cassazione nel
senso  che,  a  seguito  della  soppressione  delle  Unita' sanitarie
locali,  avvenuta  con il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, cit. e per
effetto  dell'art. 6  comma 1,  della  legge 28 dicembre 1995 n. 549,
pure  cit.,  si  e'  verificata  una  successione  ex  lege  a titolo
particolare  delle  Regioni  nei  rapporti  di  debito e credito gia'
facenti capo alle Unita' sanitarie locali.
    Detto orientamento, inaugurato dalla sentenza della suprema Corte
12 agosto  1996  n. 9804,  e'  stato  confermato  dalle Sezioni unite
civili  (Cass. 6 marzo 1997, n. 1989), seguito dalle Sezioni semplici
(p.  es.,  Id.  26 settembre  1997,  n. 9438;  Id.  7 novembre  1997,
n. 10939;  Id.  27 gennaio  1998, n. 803; Id. 6 giugno 1998, n. 5602;
Id.  7 ottobre  1998,  n. 9911;  Id.  17 dicembre  1998,  n. 12648) e
nuovamente  ribadito dalle Sezioni unite (18 dicembre 1998, n. 12712;
v.  anche  23 febbraio  2000,  n. 2032),  con  la precisazione che il
descritto  quadro  normativa  non  risulta  modificato dal successivo
provvedimento  di  cui  al  decreto  legge  13 dicembre 1996, n. 630,
convertito  nella  legge  11 febbraio  1997, n. 21, il quale e' stato
adottato  dall'esclusivo  fine  di  provvedere  al  finanziamento dei
disavanzi  del  Servizio sanitario nazionale al 31 dicembre 1994 e si
e'  limitato  a  porre  un  tale  disavanzo a carico dello Stato sino
all'importo  di  5.000 miliardi di vecchie lire, ed a costituire, per
il  residuo,  una provvista a beneficio delle Regioni (Cass. 4 luglio
1998, n. 6549).
    Infatti,  l'art. 1  del  d.l.  13 dicembre  1996,  n. 630,  cit.,
convertito  nella  citata legge n. 21 del 1997, dispone che "...(per)
il  parziale  finanziamento  dei  disavanzi  di  parte  corrente  del
Servizio sanitario nazionale a tutto il 31 dicembre 1999, il Ministro
del tesoro e' autorizzato a contrarre mutui, fino all'importo di lire
5.000  miliardi  con  onere  a  totale carico dello Stato. La regione
Valle  d'Aosta  e  le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
provvedono   al   finanziamento   dei   loro   disavanzi   ai   sensi
dell'articolo 34, comma 3 e 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724".
E il comma 2 specifica che "... (le) somme derivanti dai mutui di cui
al  comma 1  sono  versate  all'entrata  del bilancio dello Stato per
essere  assegnate  con  decreti  del  Ministro del tesoro ad apposito
capitolo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, anche di
nuova  istituzione, per il successivo versamento alle regioni secondo
le modalita' indicate nel presente articolo".
    Il   dato   normativo   che   risulta  dalla  breve  ricognizione
legislativa  e giurisprudenziale anzidetta (successione delle Regioni
nei  debiti  pregressi  dell'Unita'  sanitarie  locali) puo', quindi,
considerarsi jus receptum. Non vi e' alcun dubbio pertanto che, sulla
base  di  tali  disposizioni,  eccezione di difetto di legittimazione
passiva  avanzata (pure) dalla Regione Liguria, per la quale essa non
sarebbe  successore  della  disciolta U.S.L., n. 5 Spezzino, dovrebbe
essere disattesa proprio perche', come sopra rilevato, risulta invece
essersi verificata una successione ex lege a titolo particolare delle
Regioni  nei  rapporti  di  debito  e  credito gia' facenti capo alle
Unita' sanitarie locali.
    Cio'  precisato,  va peraltro rilevato che nel corso del presente
giudizio  e'  entrata  in  vigore  la  legge  regionale della Liguria
24 marzo   2000,   n. 26,  la  quale,  all'art. 1,  ha  stabilito  la
cessazione  delle  Gestioni  liquidatorie;  e all'art. 2, comma 1, ha
preveduto,  per quanto qui interessa, che "tutti i rapporti giuridici
gia'  facenti  capo  alle  unita'  sanitarie locali... operanti nella
regione  Liguria,  ancorche'  oggetto di giudizio in qualsiasi sede e
grado, si intendono di diritto trasferiti in capo alle aziende unita'
sanitarie locali ... (alle) quali restano attribuite la titolarita' e
la  legittimazione, sostanziale e processuale, attiva e passiva, e il
relativo esercizio da parte dei rispettivi legali rappresentanti".
    Si tratta di una normativa regionale che incide profondamente sul
principio sancito dalla normativa nazionale, quale interpretato dalla
univoca  giurisprudenza  della  Corte  di Cassazione, anche a sezioni
unite,  poiche'  vale  a  caricare le neo istituite aziende sanitarie
proprio  dei  debiti  contratti  dalle vecchie UU.SS.LL., trasferendo
alle stesse cio' che invece doveva far carico alle Regioni e cio' sia
dal  punto  di vista processuale che sostanziale ("restano attribuite
la titolarita' e la legittimazione, sostanziale e processuale, attiva
e passiva...").
    Ritiene il giudice che la normativa regionale anzidetta contrasti
con  alcuni  principi  sanciti dalla Costituzione; e che quindi debba
sollevarsi  di  ufficio  questione di legittimita' costituzionale nei
sensi di cui infra.
    Si  premette  intanto  che  i sospetti di incostituzionalita' non
attengono  tanto alla soppressione delle Gestioni liquidatorie in se'
(art. 1),   quanto  piuttosto  alla  loro  soppressione  in  una  con
l'attribuzione    della   legittimazione   passiva,   sostanziale   e
processuale,  in  capo alle Aziende sanitarie per quel che concerne i
rapporti  giuridici gia' facenti capo alle disciolte unita' sanitarie
(art. 2, comma 1).
    Resulta  dapprima  violato  il  principio di cui all'art. 3 della
Costituzione poiche', in un'obbligazione di diritto comune (il debito
dell'ex  U.S.L.  n. 5 Spezzino  verso  l'appaltatrice Soleil S.r.l.),
viene sostituito di imperio il soggetto debitore ad opera proprio del
soggetto obbligato, senza che a tale sostituzione abbia fatto seguito
il consenso della parte creditrice. La legge regionale infatti altera
l'eguaglianza  delle  parti  sia  nella sostanza obbligatoria che nel
processo poiche' sottrae a un soggetto tenuto ad una prestazione alla
obbligazione  alla  quale  era  astretto  per diritto comune di fatto
istituendo   una   forma   di   liberazione   del   debitore  diversa
all'adempimento, non prevista dalla disciplina civilistica.
    Resulta,  poi,  violato  il  principio  di  cui all'art. 24 della
Costituzione.  Il  diritto alla difesa affermato da tale disposizione
e'  stato  considerato  dalla giurisprudenza una concretizzazione del
principio  di  eguaglianza, vietando al legislatore l'introduzione di
discriminazioni  irragionevoli  di ordine soggettivo nella disciplina
positiva dell'accesso alla giustizia.
    Sul  piano  pratico si registrano numerose affermazioni in ordine
alla necessita' di una effettiva eguaglianza delle parti nel processo
che,  specie  nel  campo dei rapporti con la pubblica Amministrazione
(p.A.),  puo' essere violata nell'ipotesi di istituzione di privilegi
tecnico-processuali, attribuiti senza plausibile giustificazione alla
parte  pubblica, oppure mediante agevolazioni irragionevoli, talvolta
riservate  all'azione giudiziaria dello Stato, oppure ancora mediante
disparita'   di   trattamento  processuale  dei  mezzi  di  tutela  a
disposizione dei cittadini nei confronti degli Enti pubblici.
    La  necessita'  di  una  parita' formale delle parti nel processo
presuppone  un rapporto di proporzione fra poteri di azione e difesa;
cio' che la dottrina ha qualificato come egualite' des armes, e cioe'
come equivalenza astratta di chances di successo nella lite cosi' che
ad  entrambe  le  parti  in  giudizio  siano  riconosciute  identiche
possibilita'  tecnico-processuali di far valere i propri diritti e di
condizionare in loro favore il convincimento del giudice.
    Non  pare al giudice che la normativa regionale sia rispettosa di
tale  principio;  poiche'  a  lite  iniziata,  e  quindi  in una fase
processuale  dinamica  in  cui le parti si aspettano - e pretendono -
l'eguaglianza delle armi processuali a loro disposizione, addirittura
sottrae se stessa (la legge regionale si applica proprio alla Regione
Liguria in causa) alla soggettivita' passiva derivante da un rapporto
obbligatorio    e,    quindi,    alla    soggettivita'    processuale
(legittimazione  passiva)  alla  quale  era  ed  e' tenuta come parte
sostanziale del rapporto obbligatorio.
    Ed infine ritiene il giudice che la normativa regionale contrasti
con  l'art. 117  Costituzione,  per  il quale la Regione puo' emanare
norme  legislative  "ne  limiti  dei  principi fondamentali stabiliti
dalle  leggi  dello  Stato,  sempre  che le norme stesse non siano in
contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre regioni".
    La  giurisprudenza  costituzionale  ha ritenuto che tali principi
fondamentali    possono    desumersi    direttamente   o   da   norme
costituzionali, ovvero da obblighi assunti internazionalmente, oppure
ancora  dalla  legislazione  statuale  ordinaria  se  espressione  di
riforme  di  carattere  generale, coinvolgenti l'intera collettivita'
nazionale   (le   c.d.  grandi  riforme:  v.,  ad  es.,  Corte  cost.
22 dicembre 1969, n. 160; Cass. 9 aprile 1997, n. 3077).
    Tale  ritiene  il  giudice  essere  quello  il  caso  di  specie.
Attraverso   la   legislazione   nazionale   sopra   richiamata   (in
particolare,  attraverso  la  soppressione  delle vecchie UU.SS.LL. e
l'istituzione  delle  nuove  Aziende  unita'  sanitarie locali) si e'
infatti  inteso affrontare da parte dello Stato la grande riforma del
Servizio  sanitario  nazionale,  stabilendo espressamente che i nuovi
organismi  fossero  liberi  da passivita' che ne potessero frenare od
ostacolare  l'attivita';  riforma  che  la  legislazione regionale ha
invece  inteso,  a  giudizio  del  remittente, ostacolare onerando le
nuove  aziende  di  quelle  passivita'  pregresse  che il legislatore
nazionale aveva inteso invece attribuire alle Regioni medesime.
    Le   questioni   anzidette  sembrano  quindi  non  manifestamente
infondate;  sono altresi' rilevanti ai fini del decidere, poiche', se
la  legge regionale sospettata di incostituzionalita' fosse realmente
dichiarata   tale,   ne   conseguirebbe,   in   questo  processo,  la
legittimazione passiva della Regione Liguria (ed anche il conseguente
difetto  di  legittimazione  della A.S.L., n. 5 Spezzino) rispetto al
diritto  vantato  dai  ricorrenti, con ogni conseguenza. Peraltro, la
stessa  difesa dell'Azienda ha, a sua volta, con memoria autorizzata,
sollevato   la  questione  di  costituzionalita'  nei  termini  sopra
prospettati.
    Non ignora questo giudice che tale questione era gia' stata posta
da  altri  giudici,  sostanzialmente negli stessi identici termini, a
codesta  Corte,  la  quale, tuttavia, preso atto che, nelle more, era
cambiato  uno dei parametri di costituzionalita' ritenuti violati (e,
precisamente,  l'art. 117,  Cost.,  a seguito della modificazione del
Titolo V  della  Parte II  della Carta costituzionale, operata con la
legge  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), aveva rinviato gli atti
ai  giudici remittenti per un nuovo riesame della questione alla luce
della  novella  legislativa  (ordinanze  18 dicembre  2001,  n. 416 e
19 marzo 2002, n. 72).
    Al  riguardo,  osserva  intanto  il  giudice  che  le  prime  due
questioni  di costituzionalita' prospettate non resultano interessate
da  questa  modificazione normativa e possono essere riproposte nella
medesima formulazione gia' avanzata da altri giudici in precedenza (e
ripresa dalla stessa difesa della A.S.L., n. 5 Spezzino).
    Per  quel  che concerne la valutazione di costituzionalita' della
succitata  legge  regionale  alla  luce  del  nuovo  art. 117,  Cost.
(articolo  sostituito  dall'art. 3, legge cost. n. 3 del 2001, cit.),
sembra  che  la  stessa  possa  anche  oggi  dirsi non manifestamente
infondata.
    Infatti,  non  pare  dubbio  che  si  verte in materia sanitaria,
atteso  che,  se  anche  si  tratta  di  crediti  per l'appalto delle
pulizie,  il soggetto committente era pur sempre una unita' sanitaria
locale  e  l'oggetto  dell'appalto  riguardava  la pulizia dei locali
serventi all'espletamento delle finalita' istituzionali dell'Ente (il
contratto prodotto in copia lo evidenzia chiaramente). Pertanto, deve
aversi  riferimento  all'art. 117,  secondo comma, nella parte in cui
individua,  tra  le  "materie di legislazione concorrente" la "tutela
della salute".
    Orbene,   cio'   premesso,   si  rileva  che,  nelle  materie  di
legislazione concorrente, permangono limiti alla potesta' legislativa
dell'Ente  Regione,  poiche'  si sancisce espressamente (art. 117, 2o
comma,  ult. parte) che "spetta alle Regioni la potesta' legislativa,
salvo  che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata
alla legislazione dello Stato".
    Per  quanto  detto  sopra,  la  riforma  del  Servizio  sanitario
nazionale, come sviluppatasi a partire dal 1992, appartiene al novero
delle  grandi  riforme e, tra i suoi principi ispiratori, vi e' anche
quello (sancito dall'art. 6, legge n. 724 del 1994, cit.) di liberare
le  aziende  di  nuova  istituzione  dal  fardello  dei  debiti delle
pregresse  UU.SS.LL.,  al  fine,  evidente,  di  non  pregiudicare in
partenza il buon esito della riforma medesima.
    Tale  principio  non puo' ritenersi secondario, ma, al contrario,
giustamente  va ritenuto fondamentale, poiche', per la buona riuscita
della  grande  riforma  sanitaria,  era  (ed e) necessario che le neo
istituite  Aziende non siano gravate dai debiti e dai disavanzi delle
pregresse UU.SS.LL.
    Invece,  il  comma 1  dell'art. 2, legge Regione Liguria n. 6 del
2000,  cit.,  nello  stabilire  il  principio  della "legittimazione,
sostanziale   e  processuale,  attiva  e  passiva..."  delle  Aziende
sanitarie  per i rapporti gia' facenti capo alle disciolte UU.SS.LL.,
attribuisce   alle   prime   anche   la  conseguente  responsabilita'
patrimoniale.
    In  corso  di  causa, la difesa della Regione Liguria ha tuttavia
prodotto   una   propria  dichiarazione,  dalla  quale  resulta  che,
conformemente  al  dettato  della  legge  regionale in esame (art. 2,
comma 2,  il  quale  sancisce  che  "...  (in ogni caso) nessun onere
finanziario  puo'  gravare  sulle  aziende...  di  cui al comma 1 per
eventuali  situazioni  debitorie  ulteriori  o  sopravvenute"),  alle
aziende  sanitarie sono stati trasferiti i fondi gia' accantonati per
le  Gestioni  liquidatorie  e  quelli  trasferiti  dallo Stato per il
ripiano  dei  disavanzi  delle  disciolte  UU.SS.LL.; inoltre, questi
fondi  sono stati iscritti in una contabilita' speciale tenuta presso
le  Tesorerie  provinciali dello Stato, col vincolo del pagamento dei
debiti delle pregresse unita' sanitarie.
    Ritiene  il  giudice  che  la  disposizione dell'art. 2, comma 2,
legge cit.  e la dichiarazione della Regione non possano far ritenere
la manifesta infondatezza della questione da ultimo esaminata.
    Cio'  poiche',  nella  legge  regionale, al di la' della generica
affermazione  di  principio  di  cui all'art. 2, comma 2, cit., manca
concretamente la previsione dell'istituzione, in capo alle AA.SS.LL.,
di un patrimonio giuridicamente separato e vincolato al pagamento dei
debiti   delle   disciolte   UU.SS.LL.,   da   cui   possa   trovarsi
normativamente  la  conferma  che, davvero, in nessun caso le aziende
sanitarie  saranno gravate dei debiti delle vecchie unita' sanitarie,
con  il rispetto della previsione dell'art. 6, della legge n. 724 del
1994,  cit.;  ma  nulla  di  tutto  cio',  ripetesi,  e'  nella legge
regionale,  la  quale, invece, trasferendo la legittimazione attiva e
passiva  delle  situazioni  e  dei  rapporti  gia'  facenti capo alle
UU.SS.LL. alle AA.SS.LL., pone queste ultime quali responsabili delle
pendenze debitorie delle prime (al di la' della dichiarazione resa in
giudizio).
    Queste  conclusioni  trovano  poi  conferma  nella  dichiarazione
rilasciata  dai competenti uffici dell'azienda sanitaria, dalla quale
si  evince  che  i  fondi trasferiti sulla contabilita' speciale sono
destinati   a   coprire  solo  i  debiti  c.d.  certificati  in  sede
amministrativa  dalla  Regione Liguria e, gia' per questi, allo stato
sono  insufficienti  allo  scopo;  dunque,  si riconferma che di tali
fondi  l'azienda  non ha la disponibilita' ed essi non possono essere
utilizzati  per  coprire  eventuali debiti accertati, p. es., in sede
giudiziale,  i  titoli  formati  nella  cui  sede  potrebbero  essere
immediatamente    posti   in   esecuzione   forzata   nei   confronti
dell'azienda,  che,  a  questo  punto,  ne  risponderebbe  in proprio
(giusto il collegamento, discendente dai principi, tra legittimazione
attiva e passiva e responsabilita' patrimoniale).
    Per  questi  complessivi  motivi,  si  ritiene  che  permanga  il
sospetto,    non    manifestamente   infondato,   di   illegittimita'
costituzionale   della  succitata  legge  regionale  anche  sotto  il
parametro del novellato art. 117, secondo comma, Cost.
    Gli  atti  vanno  quindi  trasmessi alla Corte costituzionale per
l'ulteriore corso; ed il presente giudizio sospeso sino all'esito del
procedimento di costituzionalita' anzidetto.