IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. Con ricorso depositato in cancelleria dell'ex Pretura della Spezia e poi depositato, Franca Mergotti ed altri diciotto ricorrenti adivano l'allora pretore del lavoro della Spezia ed esponevano: che erano stati dipendenti della ditta Soleil S.r.l. come operai addetti alle pulizie; che la suddetta ditta aveva ottenuto l'appalto per la pulizia dei locali della U.S.L. XIX, poi n. 5 Spezzino, della Regione Liguria, con contratto di appalto di durata annuale (dal 10 aprile 1993 al 30 aprile 1994); che, rimasti creditori dal datore di lavoro di spettanze retributive (tutti, per mensilita' di marzo ed aprile 1994, ratei di 13a e 14a mensilita' dell'anno 1994, riduzione orario di lavoro e festivita' soppresse, T.F.R.), avevano chiesto ed ottenuto dalla Magistratura del Lavoro decreti ingiuntivi, i quali non erano stati opposti; che in sede esecutiva (azionata, ai sensi dell'art. 543, c.p.c., presso terzi, nella specie la U.S.L. 5 Spezzino), questi decreti non avevano trovato soddisfacimento, poiche' il rappresentante dell'Ente aveva dichiarato che quest'ultimo non era piu' debitore della Soleil S.r.l. per intervenuta cessione dei suoi crediti a favore di terzi; che, infatti, il datore di lavoro aveva provveduto a cedere i crediti vantati nei confronti della U.S.L., quali corrispettivi del contratto di appalto, all'Istituto Bancario San Paolo di Torino S.p.a; che tali cessioni, tuttavia, avendo ad oggetto debiti degli Enti pubblici, avrebbero dovuto essere assoggettate a peculiari modalita' di forma, le quali, nel caso di specie, non risultavano minimamente osservate (tanto che si parlava di mere comunicazioni di cessione), con violazione delle norme di cui agli artt. 9, regio decreto 20 marzo 1865, n. 2248, all. E) e 339, idem, all. F) e di cui agli artt. 69, terzo comma e 70, regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440. Ritenevano, quindi, l'inefficacia delle cessioni, nei confronti del datore di lavoro, per inosservanza della speciale normativa sopra richiamata e l'inopponibilita' delle stesse nei loro confronti; pertanto, ritenevano la committente ancora debitrice del loro datore di lavoro e si ritenevano, essi dipendenti, legittimati ad agire, ai sensi dell'art. 1676, c.c., per far valere tale inefficacia e per ottenere direttamente a loro favore il pagamento di quanto ancora dovuto dalla committente fino al soddisfo dei loro crediti. Chiamavano in giudizio la Regione Liguria, la Gestione liquidatoria dell'U.S.L, n. 5 Spezzino (gia' U.S.L. XIX), la A.S.L. n. 5 Spezzino, il datore di lavoro Soleil S.r.l. ed il cessionario Istituto Bancario San Paolo di Torino S.p.a. e chiedevano, nei confronti di tutte le parti, l'accertamento dell'inefficacia o nullita' delle cessioni (recte, delle comunicazioni di cessione) dei crediti vantati dalla Soleil S.r.l. verso la committente, l'inopponibilita' di dette cessioni (o comunicazioni di cessione) nei loro confronti e anche la condanna della parte pubblica (Regione Liguria, Gestione liquidatoria ovvero A.S.L., n. 5 Spezzino, come meglio ritenuto), in solido col datore di lavoro, al pagamento di detti crediti direttamente a loro favore, sulla base dei suddetti titoli esecutivi giudiziali (i citati decreti ingiuntivi). Nelle more del processo, interveniva il fallimento della (rimasta contumace) Soleil S.r.l. (fallimento pronunziato dal Tribunale di Roma), la cui curatela provvedeva invece a costituirsi, aderendo alla richiesta di declaratoria di inefficacia o nullita' delle cessioni; la difesa dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino S.p.a. eccepiva, dapprima, il verificarsi dell'evento interruttivo e, poi, tra l'altro, l'incompetenza dell'adito giudice a favore del Tribunale fallimentare di Roma. La A.S.L., n. 5 Spezzino, invece, contestava la propria legittimazione passiva, in forza della complessiva normativa di riforma del Servizio sanitario nazionale, di cui si dira' appresso. Eguale eccezione preliminare svolgeva la Regione Liguria, mentre la Gestione liquidatoria della U.S.L., n. 5 Spezzino si limitava a contestare il fondamento della domanda. Cosi' riassunti i fatti salienti e le posizioni delle parti, ritenendo il giudice la causa matura per la decisione anche nel merito, osservandosi, ai fini della competenza del giudice del lavoro, che questa e' sempre stata riconosciuta dalla suprema Corte (p. es., 24 ottobre 1996, n. 9303) ed anche dalla giurisprudenza di merito (Pret. Roma 26 febbraio-22 aprile 1999, in causa identica), quando gli ausiliari dell'appaltatore agiscono ex art. 1676, c.c., nei confronti del committente, pur in ipotesi di fallimento dell'appaltatore medesimo, sorge tuttavia il problema di individuare quale sia, dalla parte pubblica, il soggetto passivamente legittimato. A tal fine, va premessa una ricognizione del complesso quadro normativo della riforma del Servizio sanitario nazionale. Con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, emanato sulla base della legge 421 del 1992, di delega per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita' di pubblico impiego e di finanza territoriale, e' stato realizzato il riordinamento della disciplina in materia sanitaria, con la soppressione delle Unita' sanitarie locali (od UU.SS.LL.) e l'istituzione delle aziende sanitarie locali (od AA.SS.LL.), aventi natura di Enti strumentali della Regione, dotati di personalita' giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica (art. 3, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502). La legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha poi disposto all'art. 6, comma 1, che "... in nessun caso e' consentito alle regioni di far gravare sulle aziende di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni ne' direttamente ne' indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unita' sanitarie locali. A tal fine le regioni dispongono apposite gestioni a stralcio, individuando l'ufficio responsabile delle medesime.". Tale norma ha resistito al giudizio di costituzionalita', avendo la Corte costituzionale, con sentenza 21-28 luglio 1995, n. 416, dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, legge ult. cit., sollevata dalla Regione Sicilia, anche sotto il profilo, tra gli altri, che esso impone alle Regioni di provvedere ai disavanzi di gestione. La legge 28 dicembre 1995, n. 549, a sua volta, ha disposto all'art. 2, comma 14, che "... (per) l'accertamento della situazione debitoria delle unita' sanitarie locali e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994, le regioni attribuiscono ai direttori generali delle istituite aziende ospedaliere le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unita' sanitarie locali ricomprese nell'ambito territoriale delle rispettive aziende. Le gestioni a stralcio di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994 n. 724, sono trasformate in gestioni liquidatorie....". Tali norme sono state interpretate dalla Corte di cassazione nel senso che, a seguito della soppressione delle Unita' sanitarie locali, avvenuta con il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, cit. e per effetto dell'art. 6 comma 1, della legge 28 dicembre 1995 n. 549, pure cit., si e' verificata una successione ex lege a titolo particolare delle Regioni nei rapporti di debito e credito gia' facenti capo alle Unita' sanitarie locali. Detto orientamento, inaugurato dalla sentenza della suprema Corte 12 agosto 1996 n. 9804, e' stato confermato dalle Sezioni unite civili (Cass. 6 marzo 1997, n. 1989), seguito dalle Sezioni semplici (p. es., Id. 26 settembre 1997, n. 9438; Id. 7 novembre 1997, n. 10939; Id. 27 gennaio 1998, n. 803; Id. 6 giugno 1998, n. 5602; Id. 7 ottobre 1998, n. 9911; Id. 17 dicembre 1998, n. 12648) e nuovamente ribadito dalle Sezioni unite (18 dicembre 1998, n. 12712; v. anche 23 febbraio 2000, n. 2032), con la precisazione che il descritto quadro normativa non risulta modificato dal successivo provvedimento di cui al decreto legge 13 dicembre 1996, n. 630, convertito nella legge 11 febbraio 1997, n. 21, il quale e' stato adottato dall'esclusivo fine di provvedere al finanziamento dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale al 31 dicembre 1994 e si e' limitato a porre un tale disavanzo a carico dello Stato sino all'importo di 5.000 miliardi di vecchie lire, ed a costituire, per il residuo, una provvista a beneficio delle Regioni (Cass. 4 luglio 1998, n. 6549). Infatti, l'art. 1 del d.l. 13 dicembre 1996, n. 630, cit., convertito nella citata legge n. 21 del 1997, dispone che "...(per) il parziale finanziamento dei disavanzi di parte corrente del Servizio sanitario nazionale a tutto il 31 dicembre 1999, il Ministro del tesoro e' autorizzato a contrarre mutui, fino all'importo di lire 5.000 miliardi con onere a totale carico dello Stato. La regione Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento dei loro disavanzi ai sensi dell'articolo 34, comma 3 e 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724". E il comma 2 specifica che "... (le) somme derivanti dai mutui di cui al comma 1 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate con decreti del Ministro del tesoro ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, anche di nuova istituzione, per il successivo versamento alle regioni secondo le modalita' indicate nel presente articolo". Il dato normativo che risulta dalla breve ricognizione legislativa e giurisprudenziale anzidetta (successione delle Regioni nei debiti pregressi dell'Unita' sanitarie locali) puo', quindi, considerarsi jus receptum. Non vi e' alcun dubbio pertanto che, sulla base di tali disposizioni, eccezione di difetto di legittimazione passiva avanzata (pure) dalla Regione Liguria, per la quale essa non sarebbe successore della disciolta U.S.L., n. 5 Spezzino, dovrebbe essere disattesa proprio perche', come sopra rilevato, risulta invece essersi verificata una successione ex lege a titolo particolare delle Regioni nei rapporti di debito e credito gia' facenti capo alle Unita' sanitarie locali. Cio' precisato, va peraltro rilevato che nel corso del presente giudizio e' entrata in vigore la legge regionale della Liguria 24 marzo 2000, n. 26, la quale, all'art. 1, ha stabilito la cessazione delle Gestioni liquidatorie; e all'art. 2, comma 1, ha preveduto, per quanto qui interessa, che "tutti i rapporti giuridici gia' facenti capo alle unita' sanitarie locali... operanti nella regione Liguria, ancorche' oggetto di giudizio in qualsiasi sede e grado, si intendono di diritto trasferiti in capo alle aziende unita' sanitarie locali ... (alle) quali restano attribuite la titolarita' e la legittimazione, sostanziale e processuale, attiva e passiva, e il relativo esercizio da parte dei rispettivi legali rappresentanti". Si tratta di una normativa regionale che incide profondamente sul principio sancito dalla normativa nazionale, quale interpretato dalla univoca giurisprudenza della Corte di Cassazione, anche a sezioni unite, poiche' vale a caricare le neo istituite aziende sanitarie proprio dei debiti contratti dalle vecchie UU.SS.LL., trasferendo alle stesse cio' che invece doveva far carico alle Regioni e cio' sia dal punto di vista processuale che sostanziale ("restano attribuite la titolarita' e la legittimazione, sostanziale e processuale, attiva e passiva..."). Ritiene il giudice che la normativa regionale anzidetta contrasti con alcuni principi sanciti dalla Costituzione; e che quindi debba sollevarsi di ufficio questione di legittimita' costituzionale nei sensi di cui infra. Si premette intanto che i sospetti di incostituzionalita' non attengono tanto alla soppressione delle Gestioni liquidatorie in se' (art. 1), quanto piuttosto alla loro soppressione in una con l'attribuzione della legittimazione passiva, sostanziale e processuale, in capo alle Aziende sanitarie per quel che concerne i rapporti giuridici gia' facenti capo alle disciolte unita' sanitarie (art. 2, comma 1). Resulta dapprima violato il principio di cui all'art. 3 della Costituzione poiche', in un'obbligazione di diritto comune (il debito dell'ex U.S.L. n. 5 Spezzino verso l'appaltatrice Soleil S.r.l.), viene sostituito di imperio il soggetto debitore ad opera proprio del soggetto obbligato, senza che a tale sostituzione abbia fatto seguito il consenso della parte creditrice. La legge regionale infatti altera l'eguaglianza delle parti sia nella sostanza obbligatoria che nel processo poiche' sottrae a un soggetto tenuto ad una prestazione alla obbligazione alla quale era astretto per diritto comune di fatto istituendo una forma di liberazione del debitore diversa all'adempimento, non prevista dalla disciplina civilistica. Resulta, poi, violato il principio di cui all'art. 24 della Costituzione. Il diritto alla difesa affermato da tale disposizione e' stato considerato dalla giurisprudenza una concretizzazione del principio di eguaglianza, vietando al legislatore l'introduzione di discriminazioni irragionevoli di ordine soggettivo nella disciplina positiva dell'accesso alla giustizia. Sul piano pratico si registrano numerose affermazioni in ordine alla necessita' di una effettiva eguaglianza delle parti nel processo che, specie nel campo dei rapporti con la pubblica Amministrazione (p.A.), puo' essere violata nell'ipotesi di istituzione di privilegi tecnico-processuali, attribuiti senza plausibile giustificazione alla parte pubblica, oppure mediante agevolazioni irragionevoli, talvolta riservate all'azione giudiziaria dello Stato, oppure ancora mediante disparita' di trattamento processuale dei mezzi di tutela a disposizione dei cittadini nei confronti degli Enti pubblici. La necessita' di una parita' formale delle parti nel processo presuppone un rapporto di proporzione fra poteri di azione e difesa; cio' che la dottrina ha qualificato come egualite' des armes, e cioe' come equivalenza astratta di chances di successo nella lite cosi' che ad entrambe le parti in giudizio siano riconosciute identiche possibilita' tecnico-processuali di far valere i propri diritti e di condizionare in loro favore il convincimento del giudice. Non pare al giudice che la normativa regionale sia rispettosa di tale principio; poiche' a lite iniziata, e quindi in una fase processuale dinamica in cui le parti si aspettano - e pretendono - l'eguaglianza delle armi processuali a loro disposizione, addirittura sottrae se stessa (la legge regionale si applica proprio alla Regione Liguria in causa) alla soggettivita' passiva derivante da un rapporto obbligatorio e, quindi, alla soggettivita' processuale (legittimazione passiva) alla quale era ed e' tenuta come parte sostanziale del rapporto obbligatorio. Ed infine ritiene il giudice che la normativa regionale contrasti con l'art. 117 Costituzione, per il quale la Regione puo' emanare norme legislative "ne limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempre che le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre regioni". La giurisprudenza costituzionale ha ritenuto che tali principi fondamentali possono desumersi direttamente o da norme costituzionali, ovvero da obblighi assunti internazionalmente, oppure ancora dalla legislazione statuale ordinaria se espressione di riforme di carattere generale, coinvolgenti l'intera collettivita' nazionale (le c.d. grandi riforme: v., ad es., Corte cost. 22 dicembre 1969, n. 160; Cass. 9 aprile 1997, n. 3077). Tale ritiene il giudice essere quello il caso di specie. Attraverso la legislazione nazionale sopra richiamata (in particolare, attraverso la soppressione delle vecchie UU.SS.LL. e l'istituzione delle nuove Aziende unita' sanitarie locali) si e' infatti inteso affrontare da parte dello Stato la grande riforma del Servizio sanitario nazionale, stabilendo espressamente che i nuovi organismi fossero liberi da passivita' che ne potessero frenare od ostacolare l'attivita'; riforma che la legislazione regionale ha invece inteso, a giudizio del remittente, ostacolare onerando le nuove aziende di quelle passivita' pregresse che il legislatore nazionale aveva inteso invece attribuire alle Regioni medesime. Le questioni anzidette sembrano quindi non manifestamente infondate; sono altresi' rilevanti ai fini del decidere, poiche', se la legge regionale sospettata di incostituzionalita' fosse realmente dichiarata tale, ne conseguirebbe, in questo processo, la legittimazione passiva della Regione Liguria (ed anche il conseguente difetto di legittimazione della A.S.L., n. 5 Spezzino) rispetto al diritto vantato dai ricorrenti, con ogni conseguenza. Peraltro, la stessa difesa dell'Azienda ha, a sua volta, con memoria autorizzata, sollevato la questione di costituzionalita' nei termini sopra prospettati. Non ignora questo giudice che tale questione era gia' stata posta da altri giudici, sostanzialmente negli stessi identici termini, a codesta Corte, la quale, tuttavia, preso atto che, nelle more, era cambiato uno dei parametri di costituzionalita' ritenuti violati (e, precisamente, l'art. 117, Cost., a seguito della modificazione del Titolo V della Parte II della Carta costituzionale, operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), aveva rinviato gli atti ai giudici remittenti per un nuovo riesame della questione alla luce della novella legislativa (ordinanze 18 dicembre 2001, n. 416 e 19 marzo 2002, n. 72). Al riguardo, osserva intanto il giudice che le prime due questioni di costituzionalita' prospettate non resultano interessate da questa modificazione normativa e possono essere riproposte nella medesima formulazione gia' avanzata da altri giudici in precedenza (e ripresa dalla stessa difesa della A.S.L., n. 5 Spezzino). Per quel che concerne la valutazione di costituzionalita' della succitata legge regionale alla luce del nuovo art. 117, Cost. (articolo sostituito dall'art. 3, legge cost. n. 3 del 2001, cit.), sembra che la stessa possa anche oggi dirsi non manifestamente infondata. Infatti, non pare dubbio che si verte in materia sanitaria, atteso che, se anche si tratta di crediti per l'appalto delle pulizie, il soggetto committente era pur sempre una unita' sanitaria locale e l'oggetto dell'appalto riguardava la pulizia dei locali serventi all'espletamento delle finalita' istituzionali dell'Ente (il contratto prodotto in copia lo evidenzia chiaramente). Pertanto, deve aversi riferimento all'art. 117, secondo comma, nella parte in cui individua, tra le "materie di legislazione concorrente" la "tutela della salute". Orbene, cio' premesso, si rileva che, nelle materie di legislazione concorrente, permangono limiti alla potesta' legislativa dell'Ente Regione, poiche' si sancisce espressamente (art. 117, 2o comma, ult. parte) che "spetta alle Regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato". Per quanto detto sopra, la riforma del Servizio sanitario nazionale, come sviluppatasi a partire dal 1992, appartiene al novero delle grandi riforme e, tra i suoi principi ispiratori, vi e' anche quello (sancito dall'art. 6, legge n. 724 del 1994, cit.) di liberare le aziende di nuova istituzione dal fardello dei debiti delle pregresse UU.SS.LL., al fine, evidente, di non pregiudicare in partenza il buon esito della riforma medesima. Tale principio non puo' ritenersi secondario, ma, al contrario, giustamente va ritenuto fondamentale, poiche', per la buona riuscita della grande riforma sanitaria, era (ed e) necessario che le neo istituite Aziende non siano gravate dai debiti e dai disavanzi delle pregresse UU.SS.LL. Invece, il comma 1 dell'art. 2, legge Regione Liguria n. 6 del 2000, cit., nello stabilire il principio della "legittimazione, sostanziale e processuale, attiva e passiva..." delle Aziende sanitarie per i rapporti gia' facenti capo alle disciolte UU.SS.LL., attribuisce alle prime anche la conseguente responsabilita' patrimoniale. In corso di causa, la difesa della Regione Liguria ha tuttavia prodotto una propria dichiarazione, dalla quale resulta che, conformemente al dettato della legge regionale in esame (art. 2, comma 2, il quale sancisce che "... (in ogni caso) nessun onere finanziario puo' gravare sulle aziende... di cui al comma 1 per eventuali situazioni debitorie ulteriori o sopravvenute"), alle aziende sanitarie sono stati trasferiti i fondi gia' accantonati per le Gestioni liquidatorie e quelli trasferiti dallo Stato per il ripiano dei disavanzi delle disciolte UU.SS.LL.; inoltre, questi fondi sono stati iscritti in una contabilita' speciale tenuta presso le Tesorerie provinciali dello Stato, col vincolo del pagamento dei debiti delle pregresse unita' sanitarie. Ritiene il giudice che la disposizione dell'art. 2, comma 2, legge cit. e la dichiarazione della Regione non possano far ritenere la manifesta infondatezza della questione da ultimo esaminata. Cio' poiche', nella legge regionale, al di la' della generica affermazione di principio di cui all'art. 2, comma 2, cit., manca concretamente la previsione dell'istituzione, in capo alle AA.SS.LL., di un patrimonio giuridicamente separato e vincolato al pagamento dei debiti delle disciolte UU.SS.LL., da cui possa trovarsi normativamente la conferma che, davvero, in nessun caso le aziende sanitarie saranno gravate dei debiti delle vecchie unita' sanitarie, con il rispetto della previsione dell'art. 6, della legge n. 724 del 1994, cit.; ma nulla di tutto cio', ripetesi, e' nella legge regionale, la quale, invece, trasferendo la legittimazione attiva e passiva delle situazioni e dei rapporti gia' facenti capo alle UU.SS.LL. alle AA.SS.LL., pone queste ultime quali responsabili delle pendenze debitorie delle prime (al di la' della dichiarazione resa in giudizio). Queste conclusioni trovano poi conferma nella dichiarazione rilasciata dai competenti uffici dell'azienda sanitaria, dalla quale si evince che i fondi trasferiti sulla contabilita' speciale sono destinati a coprire solo i debiti c.d. certificati in sede amministrativa dalla Regione Liguria e, gia' per questi, allo stato sono insufficienti allo scopo; dunque, si riconferma che di tali fondi l'azienda non ha la disponibilita' ed essi non possono essere utilizzati per coprire eventuali debiti accertati, p. es., in sede giudiziale, i titoli formati nella cui sede potrebbero essere immediatamente posti in esecuzione forzata nei confronti dell'azienda, che, a questo punto, ne risponderebbe in proprio (giusto il collegamento, discendente dai principi, tra legittimazione attiva e passiva e responsabilita' patrimoniale). Per questi complessivi motivi, si ritiene che permanga il sospetto, non manifestamente infondato, di illegittimita' costituzionale della succitata legge regionale anche sotto il parametro del novellato art. 117, secondo comma, Cost. Gli atti vanno quindi trasmessi alla Corte costituzionale per l'ulteriore corso; ed il presente giudizio sospeso sino all'esito del procedimento di costituzionalita' anzidetto.